Verso l’apocalisse palestinese

di Filippo Fortunato Pilato – 09/12/2007 – TerraSantaLibera.org

 Oggi, 9 dicembre 2007, Festa dell’Immacolata per noi cattolici, rivolgiamo una preghiera e un accorato appello ai piedi della Vergine Santa, affinchè interceda per noi presso l’Onnipotente, perchè tocchi i cuori degli uomini più dotati di buona volontà tra i potenti ed influenti della Terra. Pace in Terra Santa agli uomini di buona volontà.

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Siamo talmente assuefatti alla guerra, agli omicidi, al sangue, che non fa notizia più nulla. Nulla che ci scuota dall’indifferenza in cui siamo piombati. Potrei pubblicare le immagini più crude e crudeli: uno sguardo e poi via, alla ricerca di altre notizie, magari qualche acquisto su ebay per Natale. Costa meno.

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Gaza. Chi può spendere qualche soldo fa scorte alimentari, compra quel poco che c’è sul mercato: qualche sacchetto di farina, dei ceci, un po’ di riso, se è fortunato della carne e pesce secchi, gallette, riempie canestri e bottiglie d’acqua. E aspetta la devastazione imminente, dichiarata, promessa.

Chi non può, perchè oramai non gli sono rimasti più neppure gli occhi per piangere, aspetta e basta, sperando nella carità dei vicini e dei parenti, confidando nella misericordia divina.

Un po’ di scorte vengono distribuite dagli enti benefici privati che operano a Gaza Strip, dalla Mezza Luna Rossa, Ong e Onlus, da enti governativi.

Quel poco che c’è, perchè le frontiere sono sotto chiave.

È sempre poco. Troppo poco per una popolazione oramai denutrita e allo stremo delle forze. Ma che non si vuole arrendere e non vuol cedere la propria terra che a caro prezzo. Perchè quella è la loro terra. Terra dei filistei. Terra di Palestina.

Come facciano i nostri giornalisti di spicco, l’intellighèntia che è sempre pronta a farsi gettonare per presenze televisive, dove si affrontano con passione, al limite della rissa, questioni marginali e mondane, a far passare come se niente fosse un’aggressione dichiarata, fotografata nei suoi preparativi, programmata nelle date, misurata nei calcoli balistici, è cosa a dir poco incredibile. Perchè si sa che a farne le spese e a pagare il prezzo più alto sono sempre i più indifesi, la popolazione che non ha altro luogo dove vivere che quello. E se anche per ipotesi volesse andarsene a vivere da qualche altra parte, non potrebbe farlo, perchè glielo si impedisce. Le frontiere, in totale mano sionista, sono sigillate in entrata come in uscita. E gli abitanti di Cisgiordania e Gaza vivono come topi in gabbia, a completa disposizione degli esperimenti bellici israeliani.

Ed infatti i presidi medici palestinesi ci informano che molti, di coloro che vengono lì portati per le cure, presentano chiari segni di ferite riportate da armi non convenzionali. Ferite mai viste così. Prodotti chimici che, anche al solo leggero contatto con la pelle, scavano e mangiano la carne sino all’osso. Giovani e bambini, a grappoli, resi storpi. Chi non riescono ad uccidere viene mutilato per sempre. 

Come vergognoso è il silenzio dei politicanti italiani ed europei di fronte alla campagna coloniale militarizzata più imponente e impudente che la storia recente possa aver registrato.

E non stiamo parlando di uno staterello lontano, nell’Africa centrale, dove le lotte tribali ancora dominano la scena, ma di una nazione per la quale viene considerata l’ipotesi di annessione alla Comunità Europea. L’unica “democrazia del medio Oriente”.

Semplicemente sembra che centinaia di migliaia, milioni di persone, non esistano. Famiglie innocenti, uomini, donne, vecchi, bambini, malati, insieme al loro esercito nazionale, male armato e decimato, che ha giurato di difenderli fino alla morte, ma che non avrà la forza di resistere a lungo di fronte ad una massiccia campagna militare di terra, di cielo, di mare, scatenata da Israele, saranno massacrate e le loro case ridotte in poltiglia. È sicuro.

“Hamas avrà anch’essa grossi limiti e responsabilità. Ma ci vuole anche un minimo di onestà intellettuale per riconoscere che il problema maggiore è la politica razziale dello stato sionista di Israele (in quanto lobby sionista e non in quanto popolo), in simbiosi con la geopolitica anglo-americana e la viltà europea”, mi suggerisce Giancarlo in questo momento.

Ancora abbiamo negli occhi, fresche fresche, le immagini delle distruzioni e degli eccidi, delle aggressioni militari sioniste ai danni del Libano, di poco più di un anno fa, e sappiamo quindi di cosa è capace Tsahal, l’armata con la stella di Davide in campo celeste.

Si, lo sappiamo. Ci saranno bombardamenti per colpire le postazioni dei miliziani palestinesi votati agli estremi gesti per difendere la propria terra e le proprie famiglie. Una milizia che non possiede nè artiglieria pesante, nè carri armati, nè aerei, nè elicotteri, nè navi da guerra. Un esercito armato di missili simili a grossi petardi, armi leggere, tanta fame e nulla da perdere se non che poche zolle di terra ancora.

Ancora per poco, e poi il ghetto ribelle sarà schiacciato nel suo stesso sangue.

Le istanze estreme e più radicali hanno ed avranno quindi terreno fertile per la propaganda ed il reclutamento.

Ma è proprio questo che evidentemente serve a Israele, per potere meglio giustificare di fronte alla platea internazionale delle rappresaglie che sono solo inaudite carneficine di popolazione inerme.

Anche le ultime velleità belliche, i lanci di ordigni su Sderot cesseranno.

Cesserà tutto, e la democratica pax israeliana ovatterà tutto.

Potremo continuare i nostri acquisti natalizi in tutta tranquillità.

È questo che succederà. È quello che sta già succedendo.

Annapolis è passata, e l’immagine dei “pacifisti” è stata oramai messa in bacheca in bella mostra. Forse a Olmert e Abu Mazen daranno un Premio Nobel per la pace, benedetto da Bush.

La volpe è a guardia del pollaio, mentre faine e donnole sono a darle man forte.

Gaza sarà annientata.

E poi ci saranno gli scambi territoriali, che determineranno una successiva e ulteriore perdita da parte del popolo palestinese.

Deserto in cambio di quei territori che si sono già annessi e fortificati con muri e cinzioni, colonie e avamposti.

E quegli ultimi arabi, che vivono dalla parte israeliana, lasceranno le loro terre in cambio di altre, per costruire la nazione palestinese.

I famosi “scambi territoriali”. “Perle in cambio di carbone”, disse qualcuno. E magari fosse carbone…

La Terza Nakba l’ha definita qualcun altro.

Le zone più fertili, le falde acquifere, le alture, tutte ad Isrele.

Le zone più desertiche, senza accesso alle fonti, senza sbocco al mare, senza confini indipendenti o che non siano sotto lo stretto controllo di Israele, ai palestinesi.

Bel business.

E già la costruzione di 300 nuove case per altri coloni ebraici è in programma  nella Gerusalemme Est. Alla faccia delle conferenze.

In queste condizioni la pace sarà sempre precaria.

Se Israele non la smette di importare coloni occidentali esaltati e senza scrupoli, per insediarsi e rubare sempre più terra ai nativi e legittimi proprietari, non avrà alla fine altra alternativa che ammazzare tuti gli arabi, o espellerli in massa definitivamente, perchè il seme dell’odio e della rivalsa avrà sempre terreno buono su cui germogliare: quello dell’ingiustizia perpetrata con violenza e continuità. È inevitabile che sia così.

Su un terreno così infido e instabile, senza solide basi di accordo sul riconoscimento dei diritti inalienabili del popolo che viveva da generazioni sulla terra di Palestina, non si può costruire nulla.

Non si edifica una casa sulle sabbie mobili.

Certo la diplomazia si muove. Abbiamo visto. Il VicePremier Rutelli, riciclato da radical-rosso/verde a quasi democristiano doroteo, è anche andato in trasferta, con i più fidi collaboratori, Vernetti in testa, in Terra Santa.

Grandi intese con il Presidente dello Stato d’Israele Shimon Peres e il Primo Ministro Ehud Olmert, inaugurando all’Eretz Israel Museum di Tel Aviv la mostra “Italia Ebraica”, alla presenza del Ministro della Diaspora Itzak Herzog.

Sono pure passati in visita dal Padre Custode di Terra Santa. Bisognava salvare le apparenze con gli elettori “cattolici-adulti”.

I rotoli di Qumran erano in pericolo e urgeva la collaborazione del ministero dei Beni Culturali.

(Per chi non si sia mai trovato al fianco di Vernetti, sempre appiccicato a chi conviene, è dificile immaginare quanto un essere umano possa sbavare. Nel vero senso del termine. Chi lo conosce sa che è così).

Saranno utilizzati anche ingenti capitali per tale delicata operazione.

E tutti saranno gratificati per la bella azione compiuta. Autorità italiane ed israeliane.

Bisogna salvaguardare la cultura.

Ma di togliere l’embargo a Gaza, a poche miglia da lì, e permettere che tante bocche si possano sfamare e curare con dignità, neppure un cenno.

Nessun cenno neppure alla distruzione della cultura e tradizione espressi dal popolo indigeno palestinese nelle centinaia e centinaia di villaggi rasi al suolo con tutte le loro chiese e moschee dalle armate terroriste sioniste. Villaggi nei quali è possibile tornare solo da morti. Solo così è permesso, in una bara, per essere lì seppelliti.

Edifici di importanza artistica e culturale per i quali nessun ministro si sporcherà le mani. Non rende in consensi elettorali.

Forse non sarebbe male aspicare che certi politici, che stringono con troppa disinvoltura mani grondanti di sangue innocente, possano trascorrere parte della loro vita in qualche enclave palestinese, racchiusa da muri e filo spinato, con militari e coloni a rendere ancora più impossibile una vita già precaria e vissuta nella disperazione. Forse si toglierebbero dalla faccia quel sorrisino da furbetti, di quelli che sanno di essere troppo bravi a fregare tutti.

 “Sale a 16 il drammatico bilancio delle vittime palestinesi dei bombardamenti israeliani effettuati da sabato scorso a oggi.

I medici della Striscia hanno riferito che l’esercito israeliano sta facendo uso di armi non convenzionali.

Da sabato scorso, e quotidianamente, le forze israeliane assassinano civili e combattenti palestinesi in attacchi di cielo e di terra contro il nord e il sud della Striscia.

All’emergenza feriti creata dai bombardamenti si aggiunge la chiusura di ospedali e centri medici causata dalla mancanza di medicine, di apparecchiature sanitarie funzionanti (non arrivano più i pezzi di ricambio e le sale operatorie sono senza anestetici), di energia elettrica e di carburante.

Stanno chiudendo anche i distributori di benzina e di gas perché i rifornimenti sono esauriti a causa della drastica riduzione decisa dal governo democratico di Israele.

La popolazione non può lasciare la Striscia ormai da mesi e neanche spostarsi all’interno.

Manca il gas e l’elettricità anche nelle abitazioni.

All’attuale tragedia, si sono aggiunte le dichiarazioni del comandante dell’esercito israeliano, Gabi Ashkenazi: è pronta l’invasione di terra contro la Striscia. 

E l’Europa sta a guardare il lento sterminio degli abitanti di Gaza. Evidentemente la Storia non ha insegnato nulla.”

blogs.newamericamedia.org/

“Il Comitato per i Prigionieri del Consiglio Legislativo palestinese ha diffuso un report in cui denuncia che, dal settembre del 2000 (data di inizio della seconda Intifada), le forze di occupazione israeliane hanno rapito 50.000 palestinesi.

Nel rapporto viene posto in evidenza il paradosso della liberazione di 430 palestinesi, qualche giorno fa, e del sequestro di ben 45 altri nello stesso momento, e di 700 nel solo mese di novembre.

Tra le centinaia di rapiti, ci sono minorenni, donne, malati, anziani.

Nel rapporto si mettono in luce le pratiche disumane del governo di occupazione nei confronti dei carcerati, a cui viene rifiutata la libertà anche in caso di minore età, malattia o gravidanza. Molti prigionieri si trovano in stato di “detenzione amministrativa”, senza imputazione alcuna.”

http://www.infopal.it/testidet.php?id=7008

Ma di quale pace hanno parlato ad Annapolis? Di quella dei sensi, di chi non accetta di farsi corrompere e svendere le terre dove sono sepolti i propri padri-madri?

Di quale Stato di Palestina indipendente ci parlano, se oramai la vita del popolo arabo palestinese, assediato ovunque, in Cisgiordania come a Gaza, è alla totale dipendenza dello Stato ebraico d’Israele, in tutto e per tutto, non potendosi concedere neppure una via di fuga?

Animali in gabbia. In una gabbia che si fa sempre più stretta.

E quando le gabbie sono molto strette gli animali possono anche impazzire, e mordere chiunque si avvicini loro.

Al momento opportuno, dopo tutta questa pressione, a lungo esercitata con cinica disinvoltura e calcolo, verrà offerta una via di fuga.

Gli strateghi sionisti avranno raggiunto lo scopo desiderato, liberarsi del maggior numero di arabi palestinesi con la minor fatica, facendo oltretutto bella figura sul palcoscenico internazionale di cartapesta, ostentando generosa magnanimità ad andare incontro ad una popolazione vittima dei suoi leader.

Ed in parte, purtroppo, sarebbe anche vero.

Come è altrettanto vero che qualsiasi proposta di pace offerta a Israele, che non sia la resa incondizionata dei territori biblici all’autorità sionista, ha il peso delle parole scritte nell’aria in una giornata di vento.

 La cattiva informazione ci presenta poi reportage falsati. Si dà gran risalto all’incremento del turismo in Israele, democrazia dove regna la sicurezza, ma non si specifica chiaramente che questo è dovuto soprattutto ai pellegrinaggi organizzati e compiuti dai cristiani, che in questo modo intendono dare il loro supporto alla popolazione, che, in misura magari minima, però gode di questo flusso di denaro, portato dagli stranieri in visita ai luoghi santi.

Si intervista un frate sull’andamento del flusso  dei fedeli in visita, il quale non può che rilasciare comunicati rassicuranti. Ma non si dice dei check-point a poche centinaia di metri da lì, dove i residenti arabi sono trattati come le bestie al mercato; nè si mostra il Muro che i fedeli devono passare per recarsi in visita al frate.

E se lo attraversano senza troppe difficoltà è solo perchè hanno passaporti internazionali e non arabi.

Provate a passare il Muro con un amico palestinese e vedrete la differenza. Contadino o medico, muratore o architetto, studente o professore, sarà trattato come vanno trattati da quelle parti gli arabi: come cittadini di serie C, se non proprio come animali.

Se solo qualche giornalista in più, di fama e con l’accesso all’informazione di massa ed accreditata, qualche politico ben introdotto sullo scenario, qualche uomo di cultura con un certo ascendente, avesse un guizzo di coraggio, di virile tensione alla verità ed alla giustizia, o provasse finalmente un forte desiderio di proclamare, per onestà intellettuale e personale soddisfazione, che l’Israele sionista non è la democrazia che ci si vuol far credere, ma la più astuta dittatura che la modernità abbia partorito, tanto da riuscire a spacciarsi per “democrazia”; che il sionismo non è la propensione di tutto il popolo ebraico, ma solo una macchinazione ideologica razzista ed esclusivista in mano ad una minoranza spregiudicata; che il messianismo sionista, il quale vuole la ricostruzione del tempio là dove da secoli esiste la moschea di Omar, è un grave pericolo per la stabilità mondiale; che il sionismo è intrinsecamente la più forte ed esasperata forma di antisemitismo che la storia moderna abbia conosciuto, in quanto nega praticamente l’esistenza, il diritto, la terra, la vita, dei fratellastri semiti arabi, discendenti di Ismael, figli di Abramo, figlio di Shem, figlio di Noah..….

……se solo più uomini avessero il coraggio di guardare la realtà per quello che purtroppo è, negando ancora la loro complicità al grande inganno dei costruttori di muri, forse si potrebbe ancora salvare la Terra Santa. Forse si potrebbe ancora salvare il mondo intero dai folli progetti di guerra e di conquista di invasati plurimiliardari.

Perchè senza le sue “pietre vive”, maltrattate e costrette all’esodo, la Terra Santa resterà solo un museo.

Perchè è la verità che ci rende giustizia e ci fa liberi.

E l’apocalisse palestinese sarà solo l’inizio. Per tutti.

Filippo Fortunato Pilato

per TerraSantaLiberta.org

9/12/2012

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